Si è svolta nei giorni scorsi la Collection 2019 con la grande novità dell’apertura (a pagamento) al pubblico della kermesse che assume ogni anno dimensioni impressionanti per affluenza di produttori, operatori, giornalisti e influencer da tutto il mondo. Complice un vino, il Chianti Classico nelle sue tre declinazioni – annata, riserva e gran selezione – che sta marciando a passo spedito verso una precisa zonazione in grado di far emergere i singoli terroir, con un compattamento dei produttori attorno alla proprio idea di vino territoriale, un arricchimento dell’offerta che non ha pari nel territorio nazionale. Per effetto di questa zonazione si può dire che non esiste vino italiano che sui 30 milioni di bottiglie riesca a sfoggiare una qualità media così alta. Gli effetti più importanti si sono visti nell’aumento del prezzo dello sfuso, con buona remuneratitivà anche per chi non imbottiglia, e una qualità della DOCG con le tipologie Riserva e Gran Selezione che sono arrivate a contare insieme per il 37% dei volumi e il 52% del fatturato complessivo.
Mercati principali sono gli storici Stati Uniti (34%) seguiti da Italia (23%) e dalla sorpresa Canada (11%, effetto delle numerose iniziative da parte del Consorzio in questo territorio) e quindi Germania (8%) e a seguire Paesi Scandinavi, UK, Svizzera, Giappone, Benelux, Cina e Hong Kong, Russia e Francia.
Una parentesi sul Vinsanto:
Daniele Cerrilli ha condotto l'11 febbraio una interessante degustazione di Vinsanto del Chianti Classico DOC nell'ambito di Chianti Classico Collection 2019. Molto diversi tra loro gli 8 vinsanti presentati. Infatti, ogni azienda lo fa come vuole, si tratta di una produzione familiare. .
Il primo era quello del Castello di Monterinaldi Occhio di Pernice 2012, 80% Sangiovese 20% Malvasia, invecchiato in cartelli di castagno per 5 anni. Note di frutta secca, nocino, cacao, balsamiche e speziate. Il secondo era Badia a Coltibuono 2010: Vinsanto classico con note di
frutta secca, di cioccolato al latte e nota zuccherina bassa. Invecchiato 7 anni in botti di rovere, legno più moderno. Il Vinsanto Fontodi 2008 è fatto con Sangiovese e Malvasia e sembra un vino passito, con note di datteri e fichi secchi Il Vinsanto di Isole e Olena 2008 è composto da 50% Malvasia e 50% Trebbiano e passa 9 anni in cartelli. Le note sono di nocino. Il Vinsanto di Rocca di Monterosso 2008 è fatto solo con Malvasia bianca ed è ottimo abbinato al gorgonzola. Il Vinsanto del Castello di Monsanto La Chimera 2007 è fatto con Trebbiano e Malvasia e presenta meno zucchero e note di datteri e frutta secca. Il Vinsanto Felsina 2007 è fatto con Trebbiano, Malvasia e Sangiovese, ha un sapore più secco, una buona acidità e viene invecchiato in Botticelli da 100 litri di rovere. Per concludere, il Vinsanto Castello di Cacchiano 2004 è fatto con 85% di Malvasia del Chianti e 15% di Canaiolo e presenta note di caramello.. È uno dei miti del Vinsanto.
Si può davvero affermare, dopo questi assaggi, che ogni Vinsanto ha una storia a sé.
Fabrizio Del Bimbo
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